Enrico Anselmi: Chi è il fotografo?
Franco Belsole: Fotografo può essere chiunque abbia l’interesse
e la sensibilità di cogliere nel reale una serie di suggestioni
sfuggenti e bloccarle.
Perchè hai scelto di fare il fotografo?
Credo che non sia stata una scelta determinata da eventi o motivi
particolari, ma penso che un interesse personale verso la fotografia
ci sia sempre stato,del resto viviamo in un mondo contaminato
da immagini, tutto è un’immagine vera o falsa, da
qui l’opportunità e la voglia di mettermi in discussione,
dire attraverso una foto “io vedo in questo modo!” giusto
o sbagliato
che sia, ma di sicuro, secondo una visione soggettiva.
Dai una definizione della tua attività di ricerca
Non è cosi facile dare una definizione ad un’attività di
ricerca appunto perché tale, come non saprei dire con
certezza perché mi attraggono certe situazioni frammentarie
nella visione fotografica a discapito di altre, ma in linea di
massima direi che il mio lavoro consiste nella scoperta, nello “smascheramento” di
una situazione, di un evento, di uno stato delle cose,magari
intrinseco nel volontarismo clandestino, nella visione più comune
di ognuno di noi.
Quali componenti culturali hanno determinato la tua formazione di artista dell’immagine?
Io credo che non sia stata una scelta determinata da eventi
o motivi particolari,ma penso che una certa predisposizione ci
sia sempre stata sin dai tempi della scuola.
L’inclinazione verso alcune materie, l’interesse per la figura
nel disegno,per l’inanimato cercando di interpretarlo,per i contorni
che esprimono ciò che sta dentro, per tutto ciò che mi circondava
cercando di dargli una parvenza,un significato di visione alternativa , credo
che mi abbia
portato a determinare due evidenze ,l’evidenza dell’implicito e
l’evidenza dell’esplicito. E quale mezzo se non la fotografia o
il cinema riescono ad approfondire e rilevare questo aspetto?
Tutto è cominciato al “Progetto Internazionale Civitella D’Agliano
Direi che il “PCD “ è stato il tassello che mancava al mio mosaico,è stato l’impulso verso una direzione ben precisa ,d’altronde come non poteva essere cosi, vista la straordinaria esperienza nello stare a contatto con artisti di varie discipline, provenienti da tutta Europa in una cornice come Civitella D’Agliano, e la fortuna poi di conoscere e collaborare con uno dei massimi artisti della fotografia contemporanea mondiale, come Beat Streuli.
Che giudizio ritieni di poter formulare sull’attuale panorama italiano della fotografia ?
Fortunatamente se pur in ritardo anche in Italia da qualche
anno a questa parte si è arrivati a riconoscere a questa
disciplina un merito artistico, quindi di ricerca a tutti gli
effetti;
le gallerie d’arte si aprono sempre di più alla fotografia dove
pubblico e collezionisti sembrano apprezzarne i risultati,peccato che non diano
altrettante opportunità anche agli artisti italiani ,ma non voglio entrare
in merito,questo è un altro discorso.
Perché tanta parte della tua attività di
ricerca si è svolta all’estero ed in particolar
modo in America?
Si, è vero, gran parte della mia ricerca si è svolta
e si svolge all’estero in particolare negli Stati Uniti,
(da qui a poco partiro’ per Philadelphia ),ma questo non
vuol dire che esistano condizioni preferenziali per la mia fotografia,
quanto piuttosto occasioni di confronto con gente di diversa
origine, con elementi architettonici diversi, con approcci alla
quotidianità e con
situazioni non troppo diverse da quelle italiane.
Se poi hai fatto caso io cerco di rappresentare un evento indipendentemente
dal luogo che lo sprigiona,difficilmente riesci a captare la città o
la provenienza dell’immagine, lo puoi intuire in base alla gente o ad
elementi esterni, proprio perché mi interessa l’annullamento del
luogo stesso e la situazione in sé per sé . Cambia il luogo ma
l’evento no.
Direi quindi che lavorare all’estero è più congeniale al mio tipo di ricerca ,soprattutto per fattori cosi detti “tecnici” ma anche e soprattutto per fattori espressivi.
Verso quali obiettivi stai rivolgendo la tua produzione attuale?
Penso che l’obiettivo sia sempre lo stesso e cioè inoltrarmi
sulla rappresentazione personale della realtà
Fedeltà con se stessi o repentine rifondazioni del proprio
mestiere:
quale strada trovi più congeniale?
Sicuramente la fedeltà con se stessi . Io credo che nel
lavoro ma anche nella vita una cosa di primaria importanza sia
cercare di assomigliare sempre di più a noi stessi anche
se questo atteggiamento non sempre paga.
Perché rifiuti la messa in posa e ti affidi alla naturalezza
del momento?
Il motivo predominante nella mia ricerca è trovare l’evento,l’accadimento
allo stato puro, pertanto mi devo affidare alla naturalezza del
momento.
Credo che attualmente la messa in posa non rientri nei miei piani, del resto
io penso che la costruzione dell’immagine attraverso la teatralità renda
la scena stessa fittizia, fredda, quasi lontana dalla realtà; credo
che il cinema rientri meglio in questa dimensione.
Attraverso la fotografia cerco di centrare, possibilmente, la realtà più pura
senza manomissioni di alcun genere.
Spiega la scelta dei grandi formati.
Uno dei primi libri che lessi era di un grande fotografo Andrea
Feininger, il quale sosteneva che il segreto per fare una bella
fotografia è avvicinarsi il più possibile al soggetto,diciamo
che in un certo senso la scelta dei grandi formati potrebbe rientrare
in questa prospettiva e cioè avvicinare l’immagine
allo spettatore,oppure far sì che l ‘osservatore
possa sentirsi parte dell’immagine stessa,oppure ricercare
attraverso lo scatto di una singola fotografia una visione quasi
cinematografica.
Non saprei dire con precisione quale sia il motivo predominante della scelta
dei grandi formati,ma una cosa è certa , la situazione ritratta acquista
di impatto emotivo , tutto sembra più vero di quanto non sia in realtà.
Franco Belsole
Enrico Anselmi